Mario Botta | Giancarlo Vitali, 01/01/2008

Mario Botta |
Giancarlo Vitali

01/01/2008

Mario Botta | <br>Giancarlo Vitali

Il mondo in una stanza. La pittura vissuta come forma di vita, come esperienza totale, espressione di una tensione critica, testimonianza del proprio essere uomo al cospetto di altri uomini; poi il gesto pittorico come necessità ineluttabile come il ritmo continuo del proprio respiro; Giancarlo Vitali, un pittore che trova pace solo attraverso il farsi dell’opera dipinta.
Gli spazi che hanno visto modellarsi questa condizione esistenziale si svelano a Bellano, sul lago di Lecco, all’interno di una casa severa e compatta che si allinea sul fronte lago.
Vi si legge, in questi spazi, un’osmosi ormai rara fra la condizione quotidiana dell’abitare e quella dell’attività di lavoro propria dell’artista.
Nei differenti locali che si snodano ai piani superiori, fino all’atelier situato all’estremità della casa, non vi è interruzione di continuità fra i segni della vita di ogni giorno e quelli legati all’attività del dipingere; la luce è quella della penombra filtrata dalle persiane appena accostate; gli spazi, le suppellettili, i mobili e i quadri alle pareti raccontano del trascorrere del tempo lungo una vita scandita dagli affetti familiari.
La casa dove risiede Vitali si presenta al visitatore come uno spaccato di immagini del suo percorso, mediato dalla pittura come necessità per affermare il senso del proprio esistere.

 

Mentre il pittore recupera le opere nel retro-deposito dell’atelier (un vero e proprio pozzo senza fine), rimango attratto dal moltiplicarsi dei temi rappresentati, via via affrontati dall’artista come aspetti di una condizione quotidiana, propria di un territorio feriale, che ora si offrono, bloccate nella tela, ad uno sguardo esterno, lontane dalla loro episodicità. La loro condizione domestica risuona come una realtà remota, ma capace di coinvolgere l’osservatore nel bel mezzo dei suoi pensieri e delle sue contraddizioni.
I fiori, i girasoli, le nature morte, i vegetali, le carni, i pesci, i ritratti e gli incontri proposti nei dipinti riannodano memorie smarrite e accendono nuove emozioni.
Mentre Vitali allinea alle pareti dello studio il teatro della vita delle sue figure dipinte, accanto alla testimonianza del suo vivere quotidiano riscopro anche un’esperienza condivisa lungo il mio cammino. Lo sguardo, talvolta impietoso, che l’artista ha fermato nei ritratti è rivolto a uomini e donne che riconosco come testimoni della mia storia. Sono figure e condizioni incontrate in contesti differenti, forse anche mascherati dentro altre sembianze, talvolta sotto forma di ricordi sfuocati nei racconti di altri uomini; ma sono immagini e situazioni che mi appartengono.
Sono certo che l’umanità di quello sguardo di artista interpreta anche il mio sentimento, malgrado la distanza dei nostri mondi e il mio affannato correre continuo dentro la pochezza di ogni giorno.
A cosa serve un pittore? Forse semplicemente a permetterci di riconoscerci come parti di quei tratti, di quei colori.
C’è da rabbrividire di fronte ad alcuni affondi pittorici penetrati nelle pieghe più nascoste delle figure, nei lineamenti dei volti e dei corpi, nella struttura della materia, nel dolore della carne.
Vitali dipinge emozioni nelle quali ci identifichiamo; forse per questo la sua contiguità rispetto al territorio ci appare amica, forte e presente molto più che in altri pittori.
Giancarlo Vitali è uomo lombardo, figlio della grande tradizione figurativa delle Prealpi (Cerano, Morazzoni, Procaccini, Morlotti), dove le figure sono parti che interagiscono in totale osmosi con la luce e le configurazioni della geografia, dove le masse potenti dei monti approdano sui piani orizzontali delle acque dei laghi; per questo è impossibile immaginare il nostro pittore al di fuori di questo contesto.
Perfino nei dipinti più semplici, quelli dei fiori, delle nature morte o dentro i minuti dettagli di un mondo vegetale, troviamo segni di una storia ancestrale che si rinnova nelle figure che non potrebbero mai essere testimoni generati da altre culture.
Per questo una forte identità artistica del pittore (come un’osmosi della sua stessa terra) appare il carattere più persuasivo, sorprendente e bello a confronto della fragilità delle mode che, nei decenni scorsi, hanno stravolto molti altri artisti pur di grande talento.
L’universalità di Vitali risiede nel suo saper essere locale; gli anticorpi maturati dentro questa sua terra gli permettono un disincanto etico rispetto alle contraddizioni proprie dell’uomo di oggi, nello smarrimento esistenziale che stiamo vivendo agli albori di questo nuovo secolo. La pittura come redenzione possibile, come antidoto all’appiattimento, alla banalizzazione e alle lusinghe del mondo dei consumi e dell’effimero; anche questa é una riflessione che offre l’opera dell’artista.
Poi, dentro il lavoro disciplinare affascina quel suo tratto pittorico rapido e felice, maturato attraverso il paziente ostinato lavoro di un grande disegnatore che riesce a trasformare la stesura delle superfici cromatiche in luci ed ombre tali da dar vita a nuove invenzioni.
Per l’inaugurazione della nuova sede a Lecco degli Impresari Costruttori, che ho avuto modo di progettare, si è pensato ad una mostra-evento sull’opera di Vitali. Ho accettato l’incarico di questo allestimento nella convinzione che un territorio geografico sia parte essenziale anche di una poetica. Inoltre ottenere un riconoscimento dentro il contesto della propria terra è cosa rara e difficile in un mondo così poco attento ai valori del fare quotidiano messo continuamente a confronto con esperienze pragmatiche importate da mondi lontani.
Con Vitali a Lecco si realizza un binomio felice che, da un lato testimonia e riscatta il lavoro di una vita trascorsa fra le insidie della pittura, e dall’altro rilegge un contesto storico-culturale oggi appannato dalle rapide trasformazioni succedutesi nei decenni scorsi.
Ma nel territorio è ancora presente la forza del disegno orografico, è ancora vivo il segmentare delle rocce che si innalzano dal Resegone che richiamano altri solchi e tracce nascosti dentro i volti di uomini appena riconvertiti negli ultimi anni al lavoro del nuovo terziario.
Le fabbriche dei filati di ferro sono dismesse ma la loro presenza dentro il tessuto della città parla di attività produttive ora obsolete in attesa di nuove speranze.
Riconoscere la pittura di Vitali come parte del paesaggio lecchese è forse, inaspettatamente, il vero obiettivo di questa mostra.
La fruizione delle opere viene proposta anche all’esterno dell’edificio, negli spazi della grande terrazza al secondo livello della nuova sede degli Impresari Costruttori, in modo tale che il visitatore possa mettere a confronto con i dipinti il profilo dei capannoni e delle fabbriche dell’intorno e, poco oltre, gli orizzonti di un paesaggio amico. La pittura di Vitali dentro il suo naturale territorio storico-geografico invita coloro che ancora possiedono il sentimento e l’umiltà dello sguardo non solo a “guardare” ma anche a “vedere” e a lasciarsi coinvolgere da nuove emozioni: la pittura, in totale simbiosi con la propria storia, trova in quel paesaggio e in quella luce una nuova pace dentro la trama della tela, un fiore appena velato ai nostri occhi da una struggente malinconia.

Mario Botta
Giancarlo Vitali. Ritratti di polli, carne, rose e girasoli
Federico Motta editore, 2008